Ho avuto l’opportunità di riscoprire l’Appennino piacentino nell’ambito di un press tour, che ha toccato alcune località delle sue quattro valli maggiori: Val Tidone, Val Trebbia, Val di Nure e Val d’Arda.
L’evento è stato promosso da Destinazione Turistica Emilia e da Gal del Ducato e si è svolto nel terzo fine settimana di Dicembre.
Personalmente, ho presieduto alla seconda giornata della manifestazione, in qualità di rappresentante di Viaggi.Cibo.Emilia, un progetto di promozione e divulgazione del territorio emiliano, che porto avanti con altre cinque blogger della mia Regione.
A prendere il mio testimone, ci ha poi pensato la mia collega e amica, Giovanna.
Curiosi di sapere com’è andata? Non perdiamo altro tempo e mettiamoci in cammino!
Appennino piacentino: alcune curiosità sull’Appennino delle quattro province
In questo viaggio alla scoperta dell’Appennino piacentino, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco una preparatissima traghettatrice, nonché nativa proprio di Piacenza.
Si tratta di Sara, dell’agenzia Food Valley Travel & Leisure.
Tra le tante curiosità emerse durante le nostre chiacchierate, ce ne sono alcune che mi hanno indubbiamente colpito più delle altre.
La prima è che, da un punto di vista morfologico, non si può parlare propriamente di Appennino piacentino.
Quest’ultimo infatti, costituisce in realtà una parte integrante dell’Appennino ligure e viene definito piacentino, perché occupa il territorio di pertinenza della provincia di Piacenza.
È pertanto una connotazione di carattere meramente amministrativo.
Per la sua vicinanza con la Liguria, il Piemonte e la Lombardia inoltre, l’intero territorio viene spesso definito Appennino delle quattro province: Alessandria, Genova, Pavia e ovviamente, Piacenza.
Provate soltanto ad immaginare la ricchezza del patrimonio storico, culturale ed enogastronomico, che queste terre custodiscono!
Bobbio: da San Colombano a Giorgio De Chirico
Sara mi ha raccontato che alle antiche tradizioni dell’Appennino delle quattro province, si ispira un gruppo musicale attivissimo nella zona, i Müsetta.
La città di Bobbio, situata nella Val Trebbia, è del resto la patria dell’arte del piffero, uno degli strumenti musicali più diffusi e maggiormente connessi al territorio.
Eppure, non tutti sanno che c’è una linea sottile che unisce il borgo, premiato nel 2020 come il più bello d’Italia, alla verdissima Irlanda.
Dovete sapere infatti che questa località è strettamente collegata alla figura di San Colombano, un monaco proveniente direttamente dall’isola di Smeraldo.
Ho avuto modo di parlarne a lungo con Annalisa, che ha guidato me e gli altri partecipanti, alla scoperta di Bobbio.
Passeggiando lungo la suggestiva Contrada Castellaro, di cui personalmente ho adorato il basso porticato in pietra, ci siamo ritrovati dapprima dinanzi al Duomo ed infine, al cospetto dell’Abbazia di San Colombano.
Il nucleo centrale del complesso è la Basilica. Dopo aver ammirato la volta del transetto e la sua raffigurazione centrale, occupata dalla figura del monaco irlandese, ci siamo diretti al piano inferiore.
Ci siamo soffermati davanti ad un mosaico pavimentale del XII secolo, rinvenuto fortunosamente ai primi del Novecento e raffigurante da un lato, l’eterna lotta del bene e del male e dall’altro, il calendario.
Quindi siamo entrati nella cripta, che oggi custodisce tre sepolcri: la tomba di San Colombano e due tombe a muro, appartenenti rispettivamente agli abati Attala e Bertulfo.
Nell’antichità, l’Abbazia costituiva uno dei centri monastici più importanti dell’intera Europa. Presso il suo Scriptorium infatti, i monaci si dedicavano a trascrivere a mano i libri.
Non potete lasciare Bobbio se prima non avete fatto una passeggiata sul Ponte Gobbo, anche detto Ponte del Diavolo. La sua costruzione è legata a San Colombano e ad un’incredibile leggenda. Correte a scoprirne di più nel racconto della mia esperienza.
La vera sorpresa di questo tour è stato tuttavia il Museo Collezione Mazzolini, inaugurato il 23 Novembre 2015, nel giorno della festa di San Colombano.
Il percorso espositivo, che copre il periodo compreso tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Novecento, è intitolato a Domenica Rosa Mazzolini.
Qui sono esposte diverse opere d’arte appartenenti alla collezione privata della donna e donate alla diocesi, affinché fossero rese fruibili alla collettività.
Figurano anche svariati capolavori di arte moderna e contemporanea, ricevuti in eredità dai fratelli Simonetti, medici milanesi nonché suoi datori di lavoro.
Talvolta erano gli stessi artisti a donare i loro quadri allo studio medico, dopo aver ricevuto cure e assistenza sanitaria.
È il caso ad esempio di Giorgio De Chirico, presente all’interno del museo con alcune delle sue opere.
Cantina del Marchese Malaspina a Bobbio: eccellenza dell’Appennino piacentino
Nel 2022 i Marchesi Malaspina hanno festeggiato a Bobbio i 250 anni della loro antichissima e prestigiosissima cantina, la cui origine risale al 1772.
Ad aprirci le porte dell’azienda, sita in Contrada di Borgoratto, 26, sono sopraggiunti Federico, Fabio e Walter, profondi conoscitori della famiglia e della sua lunga tradizione vitivinicola.
Ci hanno mostrato alcuni degli angoli più suggestivi di quell’antico palazzo: l’infernotto, termine che deriva dal piemontese e sta ad indicare un sotterraneo adibito a cantina, il preziosissimo archivio ed il cabreo interamente dipinto a mano, con i terreni dei Malaspina.
Quindi ci hanno condotto nelle cantine ipogee, risalenti al XII secolo e caratterizzate dalla presenza di pesanti e antichissime botti, e poi nelle cantine in acciaio, di produzione più recente.
Il tour non poteva che concludersi nella splendida sala delle degustazioni, dove abbiamo potuto sorseggiare:
- Metodo Classico, spumante BRUT dal gusto delicato;
- Sant’Ambrogio, vino rosso fermo dal sapore asciutto e deciso;
- Bobium, vino rosso fermo, dal gusto avvolgente.
Ammetto che durante l’intera visita alla cantina del Marchese Malaspina mi è sembrato di fare un vero e proprio viaggio indietro nel tempo.
Mentre ammiravo le alte porte dell’edificio non riuscivo a non immaginare i nobili padroni di casa, intenti ad attraversarle a dorso dei loro cavalli, di ritorno dalle battute di caccia o da impegni istituzionali.
Il momento clou della visita è stato però quello in cui ci è stato possibile gustare alcuni dei vini della tenuta.
Ci siamo intrattenuti molto volentieri ad ascoltare aneddoti e curiosità legati alle fasi produttive del vino e alla storia dei Malaspina, assoluta eccellenza nella tradizione enogastronomica dell’Appennino piacentino.
Cucina autentica del territorio: dove e cosa mangiare sui Colli Piacentini
Il ristorante Albergo dei Cacciatori dista circa 45 minuti da Bobbio e per raggiungerlo, abbiamo attraversato un percorso fatto di tornanti, colli dalle tonalità rossastre avvolti nella nebbia e casolari isolati.
Esternamente l’edificio si presenta semplice e senza troppi fronzoli, gli interni invece tradiscono l’antico passato di osteria e si rivelano accoglienti e raccolti, anche grazie ad un grande camino acceso, proprio accanto al nostro tavolo.
Ma il motivo per il quale vi consiglio di fare assolutamente un salto fin quassù, è che la cucina propone piatti preparati secondo le ricette della tradizione locale.
Fidatevi: ad ogni cucchiaiata corrisponderà una vera esplosione di gusto.
Mi sono lasciata tentare da pisarei e fasö, ovvero gnocchetti di farina e pangrattato con sughetto di fagioli. Apparentemente potrebbe sembrare una pietanza senza pretese, ma aspettate di assaggiarne un pò e vi ricrederete in un attimo.
Quindi ho proseguito con un altro cavallo di battaglia dell’Appennino piacentino, lo spezzatino di cinghiale con la polenta.
È un piatto sostanzioso, assolutamente perfetto per essere consumato durante le fredde giornate invernali.
Prima di congedarci, non siamo riusciti a trattenerci dall’assaggiare alcuni dolci fatti in casa. D’altronde, come concludere nel modo perfetto un pranzo se non con una bella fetta di torta di mele ed un semifreddo al cioccolato?
Per la cena invece, siamo approdati alla Trattoria Botteghino, collocata a pochi minuti dal B&B dove abbiamo alloggiato, nel territorio di Vernasca.
Il valore aggiunto di questo locale è indubbiamente il proprietario, Pietro.
Ci ha accolto calorosamente in un luogo legato da sempre alla sua famiglia, come dimostra l’antico pavimento, che è rimasto intatto nei decenni.
Ogni cosa nell’arredamento degli interni è studiata nei minimi particolari. Dalle credenze rimesse a nuovo alle lampade dal design moderno, fino al caminetto.
A Pietro va il merito di aver ricreato un ambiente domestico in una location elegante ma allo stesso tempo calorosa e per nulla asettica.
Del suo menu ci hanno conquistato indubbiamente gli affettati misti con la tipica torta fritta del piacentino, nonché i vini, di sua produzione.
Prima di lasciare il locale, ci ha fatto assaggiare un bargnolino, liquore piacentino al prugnolo selvatico.
Se passate da quelle parti, mi raccomando: prenotate un tavolo per cena!
Grazzano Visconti: il borgo che sembra incantato
È ormai da qualche anno che Grazzano Visconti, il borgo piacentino che sembra incantato, accoglie turisti e curiosi con un coloratissimo mercatino natalizio, solitamente aperto fino all’Epifania.
Quando siamo giunti in città, nel primo pomeriggio, erano già tantissimi coloro che si aggiravano tra quelle vie, addobbate a festa per l’occasione.
Il nostro programma di viaggio prevedeva la visita guidata del sontuoso castello, che costituisce l’edificio più antico di Grazzano e risale al 1400.
Dovete sapere infatti che, l’intero borgo è stato realizzato soltanto ai primi del Novecento, secondo il progetto di Giuseppe Visconti di Mondrone.
Fu lo stesso conte a disegnare personalmente gli abiti che le donne di Grazzano avrebbero dovuto indossare, lasciando loro la possibilità di ricamarne, a piacimento, alcune parti.
Questo costume rimase in uso fino agli anni Settanta, quando costituiva la divisa delle cameriere dei ristoranti locali.
Gli interni del castello (che non possono essere fotografati in quanto residenza privata dei Visconti) sono ricchi di dettagli che richiamano lo stemma familiare, il celebre biscione, oltre che di ricordi di viaggio, quadri e ritratti familiari.
Una curiosità: la guida ci ha raccontato che era abitudine, durante i pasti, chiudere la porta della sala da pranzo. In questo modo, i ritardatari avrebbero dovuto bussare e sarebbero finiti per essere inevitabilmente redarguiti dal conte.
Pare che la persona meno puntuale della famiglia fosse proprio la contessa e che è per lei che fu realizzata, accanto al batacchio, questa incisione:
Batti forte bella che sempre tardi giungi
Le camere da letto si trovano ai piani superiori del castello e sono tutte arredate in modo diverso.
Tra le altre, spicca indubbiamente la stanza occupata dalla regina durante le sue visite. Era ovviamente dotata di un bagno privato, collocato all’interno della torre e dotato di due finestre affacciate sui giardini.
Come ogni castello che si rispetti, anche quello di Grazzano Visconti è infestato da un fantasma, dal nome Aloisa. Venite a scoprirne di più nell’articolo che ho dedicato alla mia prima visita al borgo.
L’incontro con Verde Visconti
Del tutto inaspettato, è sopraggiunto al termine del tour del castello, l’incontro con Verde Visconti, figlia di Gian Maria e nipote di Luchino, il celebre regista di alcuni dei capolavori del cinema italiano, tra cui gli indimenticabili Rocco e i suoi fratelli (1960) ed Il Gattopardo (1963).
Ci ha confidato di impegnarsi costantemente affinché l’operato del suo antenato Giuseppe resti nella memoria della gente che, ancora oggi, non smette di stupirsi dinanzi a quanto costui ha realizzato cento anni fa.
Appennino piacentino: dove alloggiare tra natura e silenzio
Al termine di questa intensa giornata alla scoperta dell’Appennino piacentino, siamo stati accolti da Patrizia presso il B&B Ca’ del passero, che si trova nelle vicinanze dello splendido borgo fortificato di Vigoleno.
La struttura ricettiva, a conduzione familiare, si staglia isolata su un colle e promette ai suoi ospiti silenzio e relax.
Ci è stato spiegato che anticamente qui sorgeva un ricovero per i pellegrini diretti a Roma.
Le camere sono tre e si distinguono per il nome (Romantica, Rock, Classica) e per l’arredamento. Sono decisamente accoglienti poiché tutte dotate di riscaldamento a pavimento.
I bagni, forniti di set di cortesia e asciugacapelli, sono stati realizzati tutti in base alla normativa prevista per i disabili, quindi sono privi del bidet e del box doccia.
A colazione abbiamo gustato torte e crostate fatte in casa, oltre a tortini ripieni di confettura, tipici della zona e davvero squisiti.
La degustazione di Vin Santo di Vigoleno DOC
Dopo il check out, Patrizia ci ha invitato a scoprire una delle attività più pregiate dell’azienda agricola di famiglia, il Vin Santo.
La produzione di Vigoleno è una delle più piccole DOC in Italia. Tutte le fasi di lavorazione si svolgono in questo territorio e solo con uve autoctone.
Patrizia ci ha mostrato i grappoli posti sui graticci ad appassire. Resteranno lì finché non sono pronti per la torchiatura, che avverrà tra un paio di settimane.
Ci ha quindi condotto in quella che era la vecchia stalla della proprietà, oggi adibita a sala degustazioni e ha spillato per noi del Vin Santo direttamente dalle botti.
Ne abbiamo assaporato un pò con i biscotti cantucci e devo ammettere che ne ho apprezzato molto la delicatezza ed il profumo.
Una curiosità: alcune bottiglie di Vin Santo poste sulle mensole del salone, pur essendo esposte, non sono in vendita.
Ciascuna di esse infatti presenta un’etichetta con un anno particolare, ovvero quello della nascita di uno dei componenti della famiglia di Patrizia e di suo marito.
Si tratta quindi di veri e propri cimeli, dall’inestimabile valore affettivo.
Del resto, quale modo migliore per dimostrare il proprio attaccamento al territorio se non sigillandone per sempre l’unione con del buon vino?
12 risposte
Quando si parla di cibo io ci sono sempre e vedo che in questa zona c’è tanto da scoprire … e da mangiare! Fantastico, una meta top!
Stai già pensando di farci un giretto? 😉
Bobbio è una località che conosco davvero molto bene e ci ho trascorso un’estate ricca di emozioni: essendo poi molto vicina a Pavia per me è una tappa davvero obbligata più volte all’anno. I Colli Piacentini sono davvero magnifici!
Una piacevole riscoperta, è davvero un territorio incredibile e ricco di storia, sapori e tradizioni.
Mi piace scoprire i piatti tipici di un posto. Questi gnocchetti sono molto invitanti e, anche se non amo molto i fagioli, li proverei sicuramente.
Fidati: sono squisiti!
Ho seguito con interesse il tuo tour perché pur essendo vicina come zona non la conosco adeguatamente. Un territorio davvero ricco di esperienze e con un’ottima cucina, mi hai dato interessanti spunti per possibili week end, dovrò organizzare
Contenta di esserti stata utile.
Non conosco il territorio piacentino, per cui ho letto con piacere il tuo post. Conosco solo di fama l’Abbazia di San Colombano e la conosco per un motivo che conoscono in pochi, ma che può essere interessante per un blog di viaggi: qui fu rinvenuto il manoscritto di un poemetto che racconta il viaggio per mare da Roma alla Gallia di un alto funzionario romano del V secolo d.C.: il poema si chiama “De Reditu” e l’autore è Rutilio Namaziano.
A questo punto non ti resta che visitare l’Abbazia di persona 🙂
Nonostante sia abbastanza vicino a Milano non sono mai stata nell’Appennino Piacentino. Devo dire che questo weekend alla scoperta di borghi e all’insegna del vino e del buon cibo mi ha stupita! Ho preso nota per la prossima gita fuori porta!
Felice di averti dato spunti utili.