La già vasta offerta culturale di Bologna, dal 20 Aprile 2023 si è arricchita di un nuovo, imperdibile, spazio espositivo permanente: il Museo Ottocento.
Dietro l’inaugurazione di questa galleria, interamente dedicata al cosiddetto secolo lungo, vi è la precisa volontà di Francesca Sinigaglia.
Bologna: il Museo Ottocento e gli artisti dimenticati del secolo lungo
Storica dell’arte, archivista, nonché direttrice del museo, Francesca è animata da un solo, grande obiettivo: riabilitare agli occhi del pubblico, gli artisti bolognesi dell’Ottocento.
Costoro si sono ritrovati loro malgrado, da un lato a fare i conti con i capolavori artistici del Settecento e dall’altro ad anticipare i grandi movimenti del Novecento.
Per questo motivo, troppo spesso sono stati dimenticati, sminuiti o addirittura ignorati.
È come se negli anni che separano Donato Creti (1671-1749) e Giorgio Morandi (1890-1964), l’arte bolognese avesse conosciuto una lunghissima crisi d’ispirazione.
Finalmente potrete scoprire che non è esattamente così!
Museo Ottocento Bologna: il percorso di visita
Le circa ottantacinque opere attualmente esposte nel Museo Ottocento Bologna, sono distribuite in dodici sezioni, a loro volta articolate in cinque sale.
Accanto a splendidi dipinti ad olio, spiccano acquerelli, ma anche disegni e bozzetti, tutti provenienti da collezioni private.
Dalla pittura di storia a quella neopompeiana
Si parte con i lavori realizzati all’interno delle Accademie, durante la prima metà del secolo, secondo diverse modalità di approccio al soggetto artistico.
La pittura di storia è rappresentata da un’imponente tela di Andrea Besteghi, dal titolo Cimabue e Giotto (1854). Raffigura l’esatto momento in cui il talento di Giotto (intento a disegnare alcune pecorelle) venne notato da colui che di lì a poco, sarebbe diventato il suo maestro. Accanto al dipinto, è esposta persino una stampa dell’epoca, che esplicita il senso della scena.
Il periodo Goupil invece, è una sorta di tuffo nell’arte del Settecento, come dimostra La veste nuova (1873) di Giovanni Paolo Bedini, un quadro così ricco di dettagli da sembrare tridimensionale.
La pittura neopompeiana infine, si lega inevitabilmente alla scoperta di Pompei che fece apparire sulle tele dei pittori di metà Ottocento, scenari legati al mondo degli scavi archeologici. Ne Il Foro a Pompei di Luigi Bazzani, i protagonisti sono due giovani, appartenenti allo stesso periodo storico dell’autore, che passeggiano all’interno del sito campano, sotto lo sguardo del Vesuvio, collocato sullo sfondo.
La raffigurazione della realtà: Faccioli e Scorzoni
Una volta entrata nella seconda sala, ho avvertito quasi un sussulto. Le opere esposte qui si configurano come espressione del vero, non più cioè come riproposizione di soggetti storici.
Finalmente gli artisti escono dalle Accademie e ritraggono semplicemente ciò che vedono.
Non è un caso dunque se, quando mi sono ritrovata dinanzi a Le Concerie di Via Capo di Lucca di Raffaele Faccioli, ho avuto l’impressione di essere finita all’interno di una cartolina degli anni Settanta, di quelle che i nostri genitori conservano nelle scatole dei ricordi, per intenderci.
La tela raffigura una vecchia conceria, adoperata per la lavorazione delle pelli e situata presso il Canale delle Moline di Bologna.
Sapevate che il capoluogo emiliano-romagnolo, pur non essendo attraversato da corsi d’acqua, è caratterizzato dalla presenza di un fitto reticolato di canali? Venite a scoprirne di più nell’articolo dedicato ai canali di Bologna.
Nonostante vi fosse l’assoluto divieto di bagnarsi in quelle acque putride, l’artista immortala il momento in cui alcuni carabinieri in divisa rimproverano un gruppetto di bambini, pronti a tuffarsi.
Uno di loro, nella fretta, scivola sul pavimento bagnato, ritrovandosi nudo dinanzi agli occhi di Faccioli e dunque anche davanti a quelli dello spettatore.
Anche La mia famiglia (1898) di Alessandro Scorzoni ha attirato immediatamente la mia attenzione, e non solo per i riconoscibilissimi tetti di Bologna sullo sfondo.
Il destino dell’autore è infatti strettamente connesso alla scena domestica qui rappresentata, i cui soggetti (come rivela lo stesso Scorzoni sul retro della tela) sono la moglie Amelia ed i suoi figli.
Purtroppo in quel momento non immaginava ancora che l’intero nucleo familiare di lì a poco lo avrebbe abbandonato definitivamente, per cercare fortuna in America, sfuggendo dalla miseria.
Belle Epoque: l’arte bolognese tra Ottocento e Novecento
Gli anni compresi tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima decade del Novecento, solitamente racchiusi nell’espressione Belle Epoque, sono segnati da un profondo sviluppo sociale ed economico, nonché artistico, a livello nazionale.
Ne sono evidente espressione le opere esposte nella terza sala del Museo Ottocento Bologna.
L’inconfondibile silhoutte di Piazza San Domenico occupa in parte l’Autoritratto (1899-1901) di Marcello Dudovich, che si ritrae con la sua futura moglie sul terrazzo dello studio bolognese.
L’artista, nativo di Trieste, si distinse anche come pubblicista, realizzando alcuni dei più celebri manifesti di La Rinascente.
Decisamente moderna inoltre, è la scena rappresentata da Fabio Fabbi in Le pescatrici sull’Arno (1887), che raffigura due donne che indossano abiti elegantissimi e si dilettano con un’attività all’epoca poco praticata dal genere femminile, la pesca nel fiume.
È un vero e proprio inno all’emancipazione!
Fabio e suo fratello Alberto Fabbi viaggiarono molto, superando spesso i confini del continente europeo e raggiungendo l’Oriente, dove trassero nuove fonti d’ispirazione per numerose creazioni artistiche.
Pensate: le loro esperienze in giro per il mondo vennero minuziosamente riportate da Fabio su un taccuino, riscoperto solo dopo un secolo.
Oggi un angolo del museo è occupato da una piccola teca trasparente, che custodisce proprio alcune delle fotografie e dei diari dei fratelli Fabbi.
Il Simbolismo: De Maria e Sezanne
Protagonisti assoluti della quarta sala del Museo Ottocento Bologna sono Mario De Maria e Augusto Sezanne, tra i fondatori dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, oltre che maestri del Simbolismo bolognese.
L’alunna (1886) di De Maria riproduce visivamente una poesia di D’Annunzio della raccolta Isaotta Guttadauro (1886). Nel buio della scena notturna, illuminata da una luna con le sembianze di un teschio, si intravede appena la protagonista a cavallo.
Faro della Laguna di Sezanne invece, trasforma il campanile della Basilica di San Marco di Venezia (ricostruito nel 1912 dopo il crollo del 1902) in un’enorme lanterna, che illumina i tetti della città, avvolti dal buio della notte.
Una curiosità: non tutti sanno che l’attuale logo dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, fu disegnato proprio da Augusto Sezanne nel 1888.
L’artista del resto, è anche l’artefice del restauro del palazzo Majani, uno splendido edificio Liberty situato nell’attuale Via dell’Indipendenza, la strada dello shopping bolognese.
L’arte bolognese agli albori del Novecento
L’ultima sala è occupata da ben quattro sezioni distinte, che traghettano simbolicamente il visitatore verso le correnti artistiche del primo Novecento.
Apparentemente potrebbe sorprendere la presenza di un’ampia esposizione dedicata esclusivamente all’arte sacra. Tuttavia, è proprio alla fine del secolo lungo che risalgono i lavori di riqualificazione e restauro di molti edifici religiosi bolognesi.
Ne sono alcuni esempi: le vetrate della Chiesa del Sacro Cuore realizzate da Majani e da Nardi, il rifacimento della Chiesa di San Francesco della Gilda ad opera di Rubbiani o la pala di Salomé con la testa del Battista dei fratelli Fabbi, situata presso la Collegiata di San Giovanni in Persiceto.
In questo contesto, si colloca l’opera Ecce Homo (1899) di Fabio Fabbi, che vinse il primo premio ad un concorso per la testa di Cristo, a Torino.
Decisamente curiosa è poi la collezione Les Petits, dedicata a minuscole composizioni artistiche, ricchissime di particolari.
Le piccole tele di Funerale di Francesco Rizzoli (1880) di Augusto Sezanne e Veduta (Viareggio) di Fabio Fabbi, sono state capaci di tenermi incollata con lo sguardo per diversi minuti, poiché nonostante le loro dimensioni, sono davvero dense di dettagli.
Da Emma Bonazzi a Gino Marzocchi
Non poteva certo mancare un riferimento alla Secessione, il rivoluzionario movimento artistico inaugurato da Gustav Klimt, che rivive nelle due opere della bolognese Emma Bonazzi, esposte presso il museo.
La Giovinezza (1922), una sensuale figura femminile nuda sdraiata su drappi e tessuti dai colori caldi e le geometrie definite (che celano la presenza di un gatto di colore rosso) e Le Stagioni (1917), coloratissimi acquerelli su carta che ripropongono le allegorie di sei mesi dell’anno (Agosto, Aprile, Dicembre, Giugno, Novembre, Settembre).
Una precisazione: fino al 27 Agosto 2023, La Giovinezza è esposta al MART di Rovereto, in occasione della mostra Klimt e l’arte italiana.
Prima di passare all’ultima sezione, dedicata alla Ritrattistica, soffermatevi davanti all’opera Autoritratto (1905-1906) di Alfredo Protti.
Quella che state guardando, non è una modella in posa davanti all’occhio critico dell’artista ma è lo stesso autore, vestito e acconciato esattamente come una donna.
Pare che le motivazioni di questa scelta siano da ricercare semplicemente nella mancanza di modelle.
Piuttosto che rinunciare, Protti ha preferito prenderne le sembianze.
Gino Marzocchi chiude l’esposizione del Museo Ottocento Bologna, con un Autoritratto (1948) e con due tele che ben rappresentano la sua presa di posizione nei confronti dell’arte di Giorgio Morandi e della critica dell’epoca.
La prima, Il Processo a Morandi (1954), colloca i critici Argan, Venturi e Langhi davanti al tribunale dell’arte, presieduto da: Caravaggio, Raffaello, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Giorgione, Tiziano e Perugino.
Con il suo sguardo dissacratore, Marzocchi attacca la critica italiana, interessata esclusivamente a Morandi, ignorando il resto della produzione artistica a lui contemporanea.
La seconda, Critica a Morandi, raffigura tre persone (il terzo da destra è incredibilmente somigliante all’attore Willem Dafoe!) davanti ad un’opera del padre delle nature morte.
Costoro però, sembrano non accorgersi che il quadro è stato posizionato al contrario.
Giorgio Morandi è indubbiamente il più grande pittore del Novecento bolognese. Consultate il mio approfondimento: Riscoprire Morandi a Bologna per pianificare un tour dedicato alla sua figura e alla sua arte.
Museo Ottocento Bologna: orari, biglietti e informazioni pratiche
Il Museo Ottocento Bologna si configura come una fondazione senza scopo di lucro, denominata Fondazione Ottocento.
L’intero ricavato della vendita dei biglietti infatti, viene impiegato per finanziare le borse di studio dei ricercatori, specializzati nell’arte di questo periodo storico.
Un folto gruppo di tirocinanti dell’Università di Bologna, opportunamente formati per accogliere i visitatori, è in grado di fornire in più lingue diverse, tutte le indicazioni utili a contestualizzare ciascuna delle opere esposte.
Si tratta di un servizio già incluso nel costo del biglietto d’ingresso e decisamente utile.
Colgo l’occasione per ringraziare Francesco, che mi ha seguito per tutta la durata della visita. Si è mostrato sempre gentile e disponibile, dinanzi alle mie tante domande e curiosità.
È possibile acquistare i biglietti on line al costo di 10 Euro (ridotto a 7 Euro per i possessori di Card Cultura e Bologna Welcome Card) oppure direttamente all’ingresso, prima di cominciare il tour.
Il museo è aperto tutti i giorni (escluso il lunedì) dalle ore 10:00 alle ore 19:00 e organizza numerosi eventi ed esperienze interattive, riportati periodicamente sulla pagina Instagram.
Dove si trova il museo e come arrivare
Il Museo Ottocento Bologna si trova in Piazza San Michele, 4/c, a pochi metri dalla celebre Corte Isolani, presso Strada Maggiore (che custodisce uno dei sette segreti di Bologna, quello delle tre frecce).
Se arrivate in città con il treno, potrete raggiungere il museo con la navetta C (bisogna scendere alla fermata di Piazza Aldrovandi e poi proseguire per pochi minuti a piedi) o spostarvi alla vicina Autostazione e salire sugli autobus delle linee: 27 e 15, che prevedono fermate in Strada Maggiore.
Non accantonerei del tutto l’idea di muoversi a piedi. Se avete tempo, percorrete prima Via dell’Indipendenza, poi Via Rizzoli, quindi ammirate la Torre degli Asinelli e poi imboccate Strada Maggiore fino a Piazza San Michele.
Mi sembra un’ottima modalità per familiarizzare con il centro di Bologna!
Cosa vedere nei dintorni
Avete terminato la visita al Museo Ottocento Bologna e non sapete come trascorrere il resto della giornata? Se siete amanti dell’arte, vi consiglio almeno tre tour da inserire nel vostro programma di viaggio.
- Pinacoteca Nazionale di Bologna. La sede centrale è in Via Belle Arti e racchiude i capolavori dell’arte bolognese compresa tra il Trecento ed il Settecento. Vi suggerisco tuttavia di non tralasciare l’esposizione di Palazzo Pepoli Campogrande, situata in Via Castiglione. Sono certa che non ne rimarrete delusi.
- Collezioni Comunali di Palazzo d’Accursio. Il secondo piano di uno degli edifici che si affacciano su Piazza Maggiore, Palazzo d’Accursio, espone parte dell’incredibile patrimonio artistico del Comune di Bologna. Assolutamente da non perdere!
- Oratorio dei Fiorentini. Collocato in Corte de’ Galluzzi, questo oratorio, poi sconsacrato, è un vero tesoro dell’arte barocca bolognese e aspetta solo di essere ammirato.
A questo punto, non posso che chiedervi: cosa ne pensate dell’idea di aprire un museo interamente dedicato all’arte dell’Ottocento?
11 risposte
Bologna è sicuramente una delle città più attive dal punto di vista culturale, grazie alla sua tradizione universitaria e ai suoi musei; questo non lo conoscevo ma mi piacerebbe visitarlo, visto che l’800 è un periodo che mi affascina moltissimo!
A quanto pare a Bologna non Si corre mai il rischio di rimanere senza niente da fare. Grazie ai tuoi racconti scopro sempre luoghi nuovi da esplorare e interessanti musei da vedere, come questo che hai recensito oggi. Me lo segno subito.
Sono contenta di averti incuriosito.
Tornerò presto a Bologna, una città che mi ha incantata dalla sua bellezza, e questo museo sarà nel mio prossimo itinerario!
Mi fa piacere di averti dato uno spunto utile per il tuo prossimo tour in città.
La prossima volta che vengo a Bologna… mi ci porti, vero Libera? MI ha colpito molto il dipinto “Concerie di Via Capo” di Lucca di Raffaele Faccioli, con il bagno inopportuno! Sai che anche a Venezia fino all’Novecento facevano il bagno in città? Ci sono delle foto d’epoca che lo dimostrano! Amo molto anche Marcello Dudovich, conosco alcune sue grafiche pubblicitarie, ma non avevo mai visto dipinti.
Certo che ti ci porto, ti aspetto.
Stupendo questo museo, non lo conoscevo. Devo assolutamente tornare a Bologna, ho una sfilza di cose da vedere che non mi basterà un giorno!
È stato aperto pochissimo tempo fa, te lo consiglio vivamente se ami l’arte.
Bologna mi stupisce ancora: non avevo idea dell’esistenza di un museo dell’Ottocento e, da amante dell’arte, non posso proprio farmelo scappare la prossima volta che visiterò questa città che tanto amo!
Tranquilla, Eliana. Il museo, come scrivo all’inizio dell’articolo, è stato inaugurato da pochissimo, hai tutto il tempo di visitarlo.