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Bologna: ghetto ebraico e pietre d’inciampo

alcuni tra i vicoli del ghetto ebraico di Bologna

Indice dei Contenuti

Se c’è un angolo del centro di Bologna che mi ha sempre affascinato, quello è proprio l’ex ghetto ebraico, racchiuso tra la zona universitaria e le vie dello shopping.

Quando ero una studentessa universitaria, amavo percorrere i suoi vicoli cupi e apparentemente senza uscita.

Nonostante impiegassi decisamente più tempo a raggiungere la mia destinazione finale, perdendo ripetutamente l’orientamento, il silenzio e la calma che respiravo in quel dedalo di stradine, era per me come una boccata d’aria fresca.

Attraversare l’ex ghetto ebraico di Bologna era cioè l’occasione per ascoltare davvero i miei pensieri, oltre che i miei passi, tra i portici dai colori caldi e l’intonaco cadente delle palazzine.

Di recente, questo luogo è stato interessato da un profondo progetto di riqualificazione.

Non solo i turisti, ma anche tanti bolognesi, incuriositi dalla rinnovata attenzione delle istituzioni, hanno iniziato ad accostarsi al ghetto ebraico, con un’atteggiamento più consapevole.

Io stessa, desiderosa di saperne di più sulla storia e sull’evoluzione del ghetto, ho scelto di esplorarlo nuovamente, avvalendomi questa volta di una guida dell’associazione locale Succede solo a Bologna.

Ripercorriamo insieme le tappe salienti del mio tour!

Ghetto ebraico di Bologna e pietre d’inciampo: cenni storici

Le prime testimonianze dell’esistenza di una comunità ebraica a Bologna, risalgono al III-IV secolo d.C.

Nel 393 infatti, il vescovo milanese Ambrogio, nella sua Exhortatio Virginitatis, affermò che i corpi defunti di Vitale e Agricola, erano stati ritrovati in judeorum solo (ovvero, all’interno del cimitero ebraico).

Tuttavia, le più corpose attestazioni della presenza ebraica nel capoluogo emiliano-romagnolo, sono da collocare tra il 1300 ed il 1400.

Nonostante all’epoca, gli ebrei fossero perfettamente inseriti nel tessuto sociale ed economico cittadino, nel 1417 fu chiesto loro di indossare in pubblico un segno di riconoscimento.

Gli uomini dovevano mostrare una rotella gialla mentre le donne coprire il capo con un velo dello stesso colore.

Si riunivano in due sinagoghe, situate l’una presso l’odierna Via San Vitale e l’altra presso Casa Sforno, in Piazza Santo Stefano.

L’Università di Bologna aveva inoltre istituito un corso di ebraico.

Dalla realizzazione del ghetto di Bologna alla Seconda Guerra Mondiale

Nel 1555, con la Bolla Cum Nimis Absurdum, Papa Paolo IV ordinò che tutti gli ebrei residenti nei territori dello Stato Pontificio, fossero rinchiusi all’interno di ghetti.

Anche Bologna, che dal 1506 (dopo la cacciata dei Bentivoglio) era governata dal Pontefice, dovette attenersi pertanto a tale disposizione.

Così, nel 1556 venne istituito ufficialmente il ghetto ebraico della città, separato dal resto del centro abitato da alte mura.

Poiché gli ebrei non potevano possedere immobili, furono costretti a vendere le loro case e a trasferirsi all’interno di quest’area, prendendo in affitto le abitazioni disponibili.

Il ghetto fu dotato di una sinagoga (posta nell’attuale Via dell’Inferno, 16) e di tre accessi (presidiati da guardie), che rimanevano aperti esclusivamente nelle ore di luce, ovvero dall’alba al tramonto.

Queste cancellate si trovavano rispettivamente: all’imbocco dell’odierna Via dei Giudei (ingresso principale), tra Via Oberdan e Via San Simone, tra Via del Carro e Via Zamboni (l’unico accesso ancora ben visibile).

ingresso all'ex ghetto ebraico da Via del Carro

Qui la comunità ebraica rimase inizialmente fino al 1569.

Una nuova Bolla pontificia (hebraeorum Gens sola quondam a Deo dilecta) emessa da Pio V, ne stabilì infatti l’esilio.

Nel 1586, Papa Sisto V consentì agli ebrei di tornare e di alloggiare fuori dal ghetto (Bolla Christiana Pietas).

Tuttavia, nel 1593 Clemente VIII (Bolla Caeca e obdurata) li obbligò di nuovo a scappare.

Il 17 Giugno del 1796, l’arrivo delle truppe napoleoniche a Bologna, destituì il Papa e concesse agli ebrei di fare ritorno in città, dopo un allontanamento durato ben duecento anni.

Questa volta decisero di stabilirsi (senza che vi fosse alcun obbligo) in un’altra zona di Bologna, oggi racchiusa grossomodo tra Piazza Malpighi, Via Marconi e Via Lame.

La promulgazione delle leggi razziali fasciste del 1938, ebbe gravi ripercussioni sulla comunità ebraica bolognese che, solo al termine del secondo conflitto mondiale, riuscì a riorganizzarsi.

Cosa vedere nell’ex ghetto ebraico di Bologna: itinerario a piedi

Il modo migliore per visitare l’ex ghetto di Bologna è perdersi tra i suoi vicoli.

Lasciatevi trascinare dai piedi e non abbiate timore di introdurvi alla scoperta di stradine strette o angoli semideserti.

La Mano di Miriam: mappa del ghetto ebraico di Bologna

Se avete poco tempo a disposizione, potrà tornarvi molto utile la Mano di Miriam.

Nel Maggio del 2015, l’architetto Roberto Maci si accorse che l’area anticamente occupata dal ghetto ebraico, vista dall’alto, assumeva la forma di una mano sinistra con il palmo aperto.

Scelse così di trasformare quella che poteva sembrare una semplice coincidenza, in un simbolo di rinascita ed identificazione.

La mano infatti, da un lato stava ad indicare la cospicua presenza di botteghe artigiane all’interno del ghetto e dall’altro, ricordava un elemento caro all’ebraismo, ovvero la Mano di Miriam.

Per incentivare ed agevolare allo stesso tempo, le visite di bolognesi e turisti all’interno del ghetto, sono state così predisposte diverse iniziative.

Ancora oggi ad esempio, si possono facilmente individuare, sulle pareti di alcune delle abitazioni, formelle in ceramica con il simbolo della mano, che torna anche su svariati pannelli informativi, posti nei punti di maggior interesse.

Chi era Miriam

Uno degli episodi biblici più celebri che hanno come protagonista Miriam, la sorella maggiore di Mosè, si trova nel libro dell’Esodo ( capitolo 2).

Si racconta che lo salvò, quando era ancora molto piccolo, da morte certa.

Il faraone egiziano aveva deciso che tutti i neonati israeliti maschi sarebbero dovuti morire.

Così sua madre adagiò il piccolo in una cesta e la pose sulle acque del Nilo.

La figlia del faraone vide la cesta e scelse di tenere con sé il bambino.

Miriam, che aveva seguito tutta la scena, le propose di affidarlo alle cura di sua madre, presentandola come una comune balia.

Via dell’Inferno e l’antica Sinagoga del ghetto

Che voi entriate da Via dei Giudei o che preferiate accedere all’ex ghetto attraverso l’ingresso di Via del Carro, in pochi minuti vi ritroverete lungo Via dell’Inferno.

Badate bene: il suo nome non è assolutamente da riferirsi all’Ade, piuttosto all’antica presenza di botteghe di fabbri.

Raggiungete il civico 16 e alzate lo sguardo verso la lapide di marmo, che campeggia sulla facciata di quella che all’epoca, era la Sinagoga.

Qui la Comunità Ebraica di Bologna, il 6 Novembre 1988 ha deciso di imprimere per sempre, come una sorta di monito per le generazioni future, il ricordo di quanti furono costretti prima all’esilio e poi alla deportazione nei campi di sterminio.

Dove si trova la nuova Sinagoga di Bologna

Attualmente la Sinagoga di Bologna si trova in Via de’ Gombruti, 9, fuori dall’ex ghetto ebraico.

Fu acquistata alla fine dell’Ottocento ma richiese ingenti lavori di ampliamento, terminati con l’inaugurazione del 1928.

Rasa al suolo durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, venne ricostruita e dal 1953 costituisce il centro nevralgico della comunità ebraica locale.

Piazzetta Marco Biagi e la vista sulla Torre degli Asinelli

Procedendo lungo Via dell’Inferno, giungerete alla piazzetta che, a partire dal 2002, è intitolata a Marco Biagi.

Il giuslavorista fu ucciso quello stesso anno a pochi metri da qui, davanti alla sua abitazione di Via Valdonica, 14.

Non abbiate troppa fretta di proseguire e volgete per alcuni minuti le spalle alla piccola piazza.

Potrete godere di una visuale privilegiata sulla Torre degli Asinelli, che spunta altissima oltre i tetti delle case dell’antico ghetto.

Cercate la prospettiva migliore e scattate qualche foto da condividere con gli amici!

Museo Ebraico

Al civico 1/5 di Via Valdonica, dal 1999 ha sede il Museo Ebraico di Bologna.

È aperto tutti i giorni tranne il sabato e durante le festività ebraiche ed è costituito da tre sezioni tematiche.

La prima è un’esposizione permanente, che ripercorre in generale la storia del popolo ebraico ed in particolare, le vicende che interessarono la comunità bolognese .

Le mostre, gli eventi ed i dibattiti si svolgono invece nella seconda sezione, mentre la biblioteca ed il centro di documentazione occupano interamente la terza sezione.

Se desiderate saperne di più o volete pianificare al meglio la vostra visita, trovate maggiori informazioni sul sito internet del Museo Ebraico di Bologna.

Torre Uguzzoni

Prima di andare via, concedetevi un’ultima sosta in Vicolo Mandria (già Via del Ghetto).

Qui infatti sopravvive un’antica costruzione che era parte integrante del ghetto, durante gli anni di isolamento della comunità.

È la Torre Uguzzoni, eretta nel XIII secolo e alta ben trentadue metri.

Sono sicura che non resisterete alla tentazione di fotografarla!

la Torre Uguzzoni nell'ex ghetto ebraico bolognese

Dove si trova l’ex ghetto ebraico di Bologna e come arrivare

L’ex ghetto ebraico di Bologna si trova nel pieno centro cittadino ed è raggiungibile a piedi (in 15-20 minuti), in bicicletta oppure con i mezzi pubblici.

Dalla stazione di Bologna Centrale, potete prendere la navetta C e scendere alla fermata San Martino, a pochi passi da Via Valdonica.

Valide alternative sono i bus delle linee: 25, 30, 11 e 27 (dovete scendere alla fermata Rizzoli, proseguire a piedi lungo Via Oberdan e poi svoltare in Via San Simone).

Cosa vedere vicino all’ex ghetto ebraico di Bologna: per non dimenticare

Se desiderate approfondire la storia e l’evoluzione della presenza ebraica sul territorio bolognese, proseguite il vostro tour fuori dall’ex ghetto cittadino.

Vi sono infatti almeno tre tappe che vi consiglio di raggiungere nelle immediate vicinanze, per non dimenticare quanto accaduto nel corso dei secoli a questa comunità.

Palazzo Bocchi

In Via Goito, 16 (tra Via Oberdan e la centralissima Via Indipendenza), si staglia l’imponente Palazzo Bocchi.

Prende il nome dall’umanista Achille Bocchi che, nel 1546 vi collocò la sede dell’Accademia Hermatena (dall’unione dei nomi delle divinità greche Hermes e Atena).

Letterati e intellettuali dell’epoca si intrattenevano frequentemente all’interno del palazzo, confrontandosi spesso su argomenti di tipo esoterico, legati alla cabala e all’ebraismo.

In questo modo, Palazzo Bocchi suscitò ben presto le attenzioni del Sant’Uffizio, che cominciò ad insospettirsi circa l’attività dell’Accademia, considerandola eretica.

Non potrete non notare le due iscrizioni incise sullo zoccolo del palazzo.

A sinistra, un verso in ebraico del Salmo 120 del Salterio afferma:

Signore, liberami dalle labbra menzognere e dalla lingua ingannatrice

Sul lato opposto, un passo in latino dell’Epistola di Orazio:

Sarai re, se agirai in modo retto

Se osservate bene, sia sulla parola latina REX, che sulla parola del versetto in ebraico adoperata per indicare il Signore, è stata incisa una croce.

la scritta rex con la croce presso Palazzo Bocchi a Bologna

È plausibile che questa aggiunta sia stata voluta da Bocchi, al fine di purificare la sua Accademia agli occhi degli inquisitori.

L’osteria del Cappello Rosso

Uno dei momenti più curiosi del mio tour, è stato indubbiamente scoprire dell’esistenza dell’osteria del Cappello Rosso.

Questa locanda, situata nell’attuale Via de’ Fusari, a pochi metri da Piazza Maggiore e Via D’Azeglio, fungeva da luogo di riposo e ristoro per gli ebrei di passaggio a Bologna, negli anni dei lunghi esili cinquecenteschi.

Era qui che trascorrevano la notte, prima di proseguire il loro viaggio verso altre mete.

Il Trionfo della Chiesa sulla Sinagoga nella Basilica di San Petronio

La Basilica di San Petronio custodisce un affresco che lascia presagire come, già nel 1420, vi fosse una sorta di inquietudine nei confronti della comunità ebraica di Bologna.

L’opera, dal titolo: Il Trionfo della Chiesa sulla Sinagoga, è stata realizzata da Giovanni da Modena e si trova nella cappella di S. Abbondio (la prima a sinistra a partire dall’ingresso della chiesa).

Raffigura Cristo su una croce che possiede ben quattro braccia.

l'affresco Il Trionfo della Chiesa sulla Sinagoga nella Basilica di Santo Stefano

Se guardate attentamente le figure che si stagliano rispettivamente a sinistra e a destra del crocifisso, noterete che da un lato, la mano sinistra incorona la Chiesa mentre dall’altro, la destra uccide la Sinagoga.

Pietre d’inciampo: cosa sono e dove trovarle a Bologna

Sul finire del tour alla scoperta dell’ex ghetto ebraico di Bologna, la guida ha affermato che in città vi sono delle pietre d’inciampo, inaugurate il 10 Gennaio 2020 alla presenza dell’artista che le ha realizzate, Gunter Demnig.

Si tratta di 15 piccoli mattoni quadrati ricoperti di ottone.

Su ciascuno è inciso: il nome, il cognome, la data di nascita, quella di deportazione e la data di morte, di altrettanti bolognesi, vittime delle persecuzioni perpetrate dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, nel 1938.

Queste pietre sono state collocate davanti alle abitazioni delle vittime, con l’obiettivo di incuriosire chi, anche solo inciampando, possa notarle e dedicare loro uno sguardo.

Mossa dal desiderio di trovarle tutte, ho iniziato a fare delle ricerche ed ho scoperto molto di più della loro precisa collocazione.

Dietro ogni pietra infatti, si nasconde una storia, spesso purtroppo tragica, ma che vale la pena raccontare.

Per non dimenticare.

Strada Maggiore 13 e la famiglia Calò

Davanti al civico 13 di Strada Maggiore si trovano le sette pietre d’inciampo più vicine all’ex ghetto ebraico.

Questa infatti era l’abitazione della famiglia Calò.

Adelaide Di Segni (sposata con Samuele Calò) lavorava come ambulante, finché non riuscì più a garantire il sostentamento necessario alla sua sopravvivenza e a quella dei suoi sei figli. Si consegnò spontaneamente alla polizia, fu deportata ad Auschwitz, dove morì nel 1944.

David Calò, Raimondo Calò, Jak Emanuele Calò, Sergio Calò, Aureliano Calò e Alberta Calò, figli di Adelaide, furono tutti arrestati e deportati nei campi di concentramento, dove trovarono la morte.

Via Rimesse 25 e la famiglia Baroncini

Le cinque pietre d’inciampo in memoria della famiglia Baroncini sono collocate in Via Rimesse 25 e nello specifico, spiccano sul marciapiede che si trova sul lato opposto al parcheggio.

Questa zona si trova fuori dal centro storico di Bologna, ma può essere raggiunta in circa 15 minuti, con il bus 14 (dovete scendere alla fermata Rimesse Stazione).

Adelchi Baroncini aveva convertito la sua dimora privata in una stamperia antifascista.

Venne arrestato a seguito di una segnalazione e la sua casa fu perquisita, alla presenza della moglie Teresa e delle tre figlie, Angela, Jole e Nella.

Dell’intero nucleo familiare, deportato nei campi di concentramento, solo Jole e Nella riuscirono a salvarsi. Vennero infatti liberate entrambe nel 1945.

Via de’ Gombruti e la famiglia Orvieto

In Via de’ Gombruti, 9, a pochissimi metri dall’attuale Sinagoga di Bologna, seminascoste tra la povere, vi sono due pietre d’inciampo.

Nonostante l’incisione abbia perso parte della sua lucentezza, si leggono nitidamente i nomi dei coniugi Leone Alberto Orvieto e Margherita Cantoni.

Orvieto era il rabbino della comunità ebraica bolognese durante gli anni della guerra.

Nel 1943 si rifugiò a Firenze dove ben presto, una spia rivelò il suo nascondiglio.

Insieme a sua moglie Margherita, salì sul treno che da Milano giunse ad Auschwitz, dove entrambi persero la vita.

Via del Cestello 4 e Mario Finzi

Forse la pietra d’inciampo più difficile da trovare è stata proprio quella di Via del Cestello, 4 dedicata a Mario Finzi.

Era quasi irriconoscibile, poiché del tutto coperta dalle foglie secche ed ingiallite, che i venti freddi dell’inverno avevano riversato sul marciapiede.

Mario Finzi era un vero e proprio enfant prodige.

Terminò gli studi per diventare avvocato quando era ancora giovanissimo, anche se molto presto dovette lasciare ogni incarico, a causa delle leggi razziali del 1938.

Entrò a far parte del DELASEM (Delegazione per l’Assistenza degli Emigrati Ebrei) e contribuì attivamente a fornire supporto alla comunità ebraica locale, finché fu arrestato come antifascista.

Deportato, morì ad Auschwitz nel 1945, poco dopo la liberazione.

Conoscevate la storia dell’ex ghetto ebraico di Bologna?

Raccontatemi la vostra esperienza in merito, se vi va, nei commenti.

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20 risposte

  1. Non conoscevo la storia del ghetto di Bologna e ti ringrazio per averla raccontata perché conosco pochissimo la città e questo è un itinerario che va fatto se si vuole approfondire un capitolo della storia che purtroppo fa venire la pelle d’oca. Ci sono alcune pietre di inciampo anche nella mia città: impossibile non fermarsi a riflettere.

  2. Non avevo assolutamente idea che anche a Bologna ci fosse un ghetto ebraico, del resto conosco poco la città. Ma adesso che lo so, grazie al tuo articolo, farò in modo di visitarlo alla prima occasione!

      1. A Bologna ci sono stata, ma non ho avuto il tempo materiale per visitare il ghetto ebraico e le pietre d’inciampo in questa città. La prossima volta non mancherò di farlo.
        La loro storia, che ti ha così ben descritto con dovizia di particolari, è un invito da non lasciare inascoltato!

  3. Anch’io amo questo angolo di Bologna, Via dell’Inferno, via dei GIudei, la piazzetta dedicata a Marco Biagi! Secondo il mio parere, è un peccato che abbiano trasferito la Sinagoga in un’altra zona del centro, anche se solo a poca distanza, non è detto che si abbia il tempo necessario per visitarla.

    1. Ciao Cristina, quando la comunità ebraica è rientrata a Bologna, dopo l’entrata in vigore delle leggi napoleoniche, non è più tornata nel ghetto cinquecentesco ma si è stabilita in zona Malpighi, come racconto nel post. Successivamente è stata acquistata la palazzina di Via de’ Gombruti, che non è molto distante da lì e che è stata anche duramente colpita dalla guerra (e poi ricostruita).

  4. La zona del Ghetto non l’ho mai visitata e mi mordo le mani perché sembra oltremodo interessante! Le pietre di inciampo invece le conosco bene, le ho viste per la prima volta ad Heidelberg dove ce ne sono tantissime e poi pian piano ho notato che sono state installate in molte città italiane, uno splendido simbolo di memoria!

  5. Ho avuto i brividi a leggere le storie delle persone a cui sono state dedicate le pietre d’inciampo. Quanti innocenti mandati a morire. E soprattutto chissà quanta disperazione ha dovuto spingere Adelaide a consegnarsi alle autorità per essere poi deportata. Il ghetto ebraico è sicuramente una tappa che andrebe inserita in ogni tour di Bologna.

    1. Oltre al ghetto c’è davvero tanto a Bologna da vedere per ripercorrere la storia della comunità ebraica. Puoi metterti alla ricerca delle pietre d’inciampo, ho inserito tutti i rifermenti per trovarle.

  6. Ho lavorato a Bologna, passeggiato sotto i suoi portici e non sapevo nulla della storia del ghetto. Mi hai ancora una volta svelato una parte segreta della città e commosso con i racconti delle vittime. Non dobbiamo dimenticare

  7. Ho proprio voglia di passare un fine settimana a Bologna in primavera e cercavo qualcosa di particolare da visitare, oltre al centro storico. Grazie per le tante info, mi salvo il tuo articolo.

  8. Non sapevo l’esistenza di questo bellissimo angolo nascosto nella tua splendida Bologna…ogni volta, grazie a te, scopro sempre qualcosa di insolito

  9. Non sapevo ci fosse un ghetto anche a Bologna, le pietre d’inciampo le ho conosciute proprio nella mia città, Ancona, dove sono presenti da anni essendo presente da secoli una comunità ebraica

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